Vecchio Trombone

Commenti da bar nella blogosfera

venerdì, marzo 09, 2007

Kopi Luwak - quando un caffè costa 5 euro

Per cambiare, oggi ho preso il caffè in un franchising molto trendy, tutto vetri, metalli satinati e legni wengé.

Mi avvicino al banco e incautamente chiedo "un caffè" senza specificare oltre. Il barista - capelli tagliati alla moda, sopracciglia sfoltite, camicia nera griffata con il logo del bar, jeans, aria lievemente disgustata - mi chiede: "miscela forte, leggera, morbida, amara?".

Lievemente frastornato butto lì, a caso, "morbida" e quello si gira e inizia a depositare la miscela nel filtro.

A questo punto l'occhio mi cade su un leaflet sul banco che - orgogliosamente - dichiara che a grande richiesta torna il Kopi Luwak, il caffè più raro e costoso al mondo. Talmente costoso che una tazza viene venduta a € 5,00 (C-I-N-Q-U-E-E-U-R-O!)

Incuriosito, e anche rinfrancato per il mancato salasso, mi chiedo che cosa renda questo caffè così prezioso da farlo costare il 530% in più rispetto a un caffè normale. Beh, ecco la spiegazione:

"Si chiama Kopi Luwak, è estremamente raro ed è prodotto con chicchi che si trovano nelle feci di un animale indonesiano. Sembra stano, eppure è proprio così: il caffè più prezioso mai commercializzato non è selezionato dall'uomo, ma dal Luwak, un simpatico mammifero notturno indonesiano che si nutre di insetti, piccoli roditori e frutta".

Eccolo, il "simpatico mammifero notturno".














Ha ragione il mio collega napoletano a dire che solo a Milano si trova chi ha la chutzpah di vendere la merda a 5 euro a tazzina, e anche chi è disposto a spendere 5 euro per berla, aggiungo io...

VT

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venerdì, gennaio 26, 2007

Mobilità, produttività e tempo personale

Sono stato due giorni a Vienna per un meeting di lavoro e tornando a casa sul Malpensa Express osservo la fauna umana che mi circonda.

Sono le 9 di sera e il treno è - prevedibilmente - popolato quasi tutto di gente come me che ha viaggiato per lavoro e sta rientrando. Si va dal tipo con giaccone di velluto a coste beige e maglione, che ha tutta l'aria di essere un tecnico di qualche natura, al broker finanziario seduto di fronte a me che indossa un gessato sartoriale, cravatta e maglioncino di cachemire, fino alla manager di Accenture (o un altro qualsiasi consulente aziendale) con cappottone e longuette (e pare di capire che non sono più i tempi in cui Accenture pagava stipendi di giada).

Ora, tutti - invariabilmente - abbiamo passato i 40 minuti di viaggio fra cellulare e computer a recuperare documenti e raccogliere informazioni sull'accaduto nei due giorni di nostra assenza.

Dicono che la tecnologia ti migliora la vita e che la mobilità ti consente di lavorare ovunque e in qualsiasi momento. Forse è più corretto dire che ti consente di lavorare in *ogni* momento, nel senso che non hai più tempo per te stesso.

Il broker in particolare era un continuo, nevrotico giostrarsi fra il laptop, lo smartphone e il cellulare. Dava l'impressione che ci fosse qualcosa di fondamentalmente sbagliato nella sua vita, salvo che - dall'esterno - era ovvio che la stessa impressione la davo anch'io, che oltretutto non posso neanche sognare di avvicinarmi al reddito del broker suddetto.

L'utopia marxiana/marxista voleva sfruttare la produttività per "lavorare meno, lavorare tutti", ma - beh - lo sappiamo tutti che il marxismo è stato un fallimento storico.

Ora, mio padre e mio suocero sono entrambi stati manager, anche di discreto successo, non avevano né cellulare né computer e riuscivano addirittura ad avere del tempo per se stessi e le loro famiglie.

Se devo fare un bilancio della mia vita, paragonato al loro mi ritrovo con:

Minore successo
Minori guadagni
Responsabilità paragonabili
Maggiore stress

Non so: sto cominciando a chiedermi quale vantaggio mi derivi, in concreto, da tutta questa produttività. Se qualcuno è in grado di rispondere...

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venerdì, novembre 24, 2006

Ciao Perozzi.

Philippe Noiret non c'è più.

Grande attore, grande uomo e grande francese che amava l'Italia e ci ha dato tanto.

Me lo vedo già oggi in Paradiso con Ugo Tognazzi, Adolfo Celi e Renzo Montagnani che tira schiaffi ai passeggeri che partono dalla stazione del giardino dell'Eden.

lunedì, novembre 20, 2006

Poste Italiaaane...

Sto aspettando un pacco dagli States che l'incauto mittente mi ha inviato attraverso le poste.

Innanzitutto noto che la globalizzazione ha portato un adeguamento degli standard verso il minimo comune denominatore.

Vittima di questa tendenza è una vera e propria icona, tra le più solide e rappresentative di quanto di buono hanno dato gli Stati Uniti al mondo. L'eroico postino - che sfida intemperie, catastrofi e cani mordaci per consegnare la posta puntuale - non è più: è stato sostituito da un call centre. Automatizzato.

Dopo 32 passaggi robotizzati, in cui aneli a essere messo in contatto con un essere umano, qualsiasi essere umano, finalmente il sistema ti fa parlare con una signora che stenta a comprendere l'inglese. Dopo 22 minuti al telefono con gli States, passati scandendo a voce alta il codice del mio pacco, finalmente riesco a capire che mi devo rivolgere alle poste del mio paese.

Il morale cala...

Chiamo il call centre delle poste italiane, qui i passaggi robotizzati sono solo 4, o meglio lo sarebbero se l'impiegato non mi notificasse che devo parlare con un/una suo/a collega. Gli chiedo - in verità con una speranza tenue - se me lo/la può passare lui, ma no: devo rifare il numero.

Rifaccio il numero, tre volte perché nel frattempo le linee sono intasate. Al quarto tentativo, finalmente mi risponde una ragazza, dell'apparente età di 14-15 anni (non so forse fa l'operatrice di call centre per accumulare crediti scolastici) che - anche simpaticamente, poverina - mi tiene 17 minuti e 24 secondi al telefono per dirmi che l'indirizzo di consegna è stato riportato in modo erroneo.

Bene, le dico che chiamo da Milano, le do il codice postale - inequivocabilmente di Milano città - e le detto l'indirizzo per esteso "Peter De Marchi, presso l'azienda XXXX, Via @òç###, xy 201zk, MILANO" e forte di queste informazioni la liceale mi chiede: "in quale città è l'indirizzo di consegna?" Comincio ad avere qualche dubbio...

Devo ripetere il mio nome *quattro* volte.
- "Come dice Pietro De Morzi?"
- No, *Peter*, come Peter Gabriel (come sarebbe "mai sentito?", vabbe'...), come *Peter Pan*, ecco...
- No, non De Morzi, DE MARCHI (ben scandito),
- "come? De Marzi?"
- NO, DE-MAR-CHI!,
- "Ah, De Marchi, e poteva dirlo subito".
- Sì, buonasera...

I dubbi a questo punto sono sempre più radicati.

A più riprese tento di dire alla ragazzina - veramente carina, stile "Chi è Tatiaaana!?" - che il pacco va consegnato a un'azienda. ("Sì, poi modifichiamo l'indirizzo..."), finché non mi informa trionfante che il pacco sarà consegnato nelle prossime 24-48 ore.

Le chiedo se ha indicato il nome dell'azienda. Risposta, sgomenta e divertita al contempo:
- "Ooohh, ora non posso più tornare indietro, ma ho messo l'indirizzo che mi ha dato lei."

Beh, non proprio, visto che ho cercato di dirti in tutti i modi di inserire il nome dell' *azienda*...

Insomma, rimango in trepida attesa di ricevere un pacco dalle poste, di qualsiasi paese.

Chissà perché ho l'impressione che non sarà così facile riceverlo.

mercoledì, novembre 15, 2006

Incontri per le strade di Milano

Stamattina ho incrociato *due* mezzi del Nucleo di Intervento Chimico Nucleare dei Vigili del Fuoco. Passavano a sirene spiegate. Non so perché, ma ho addosso una strana inquietudine.

sabato, novembre 11, 2006

Corso Como, pianeta Terra

Certamente me la sono anche andata a cercare, nel senso che non si può pretendere di andare a prendere un caffè in Corso Como e aspettarsi un'esperienza da bar qualsiasi, però non ero pronto all'esperienza di oggi pomeriggio.

Entri in uno dei templi dell'effimero della Milano Morattiana e iniziano a farti la tara.

Avere figli sta diventando trendy - entri con tua figlia di 17 mesi = 100 punti

Sì, però il modello di famiglia papà, mamma, bimba è incredibilmente uncool, molto anni '90. Oggi il genitore cool è *single*, meglio se maschio = -50 punti

Tua figlia *non* è vestita Dolce & Gabbana = -50 punti

E' in un passeggino con *più di tre ruote* = -100 punti

Hai già un saldo negativo di 100 punti e non hanno ancora iniziato a fare la tara a *te*...

Insomma, ora che prendi posto - 15 secondi dopo essere entrato - sei già ridotto, con la tua famiglia, al rango di lebbroso sociale del cool.

Ti siedi e dopo una ventina di minuti (locale semivuoto e camerieri che si guardano intorno con aria studiatamente annoiata) arriva una cameriera cinese alta un metro e 42 che ti porta due menu.

Tua figlia, curiosa come qualsiasi bambino di un anno e mezzo prende il menu e inizia a manipolarlo. La cameriera, scandalizzata, prende l'ordine (un tè e un caffè americano - accettabilmente cool = +20 punti), poi si china sul passeggino e chiede: "posso riprendere il menu?", con lo stesso tono con cui direbbe a un barbone che non si piscia per strada.

Vai in bagno e ti accorgi di essere l'unico che non ci è andato per farsi una pista di coca.

Al tavolo di fianco al tuo, quattro gay bellissimi e trendyssimi, con indosso svariate decine di migliaia di euro tra indumenti e accessori, stanno discutendo pacatamente dello speciale shampoo che il farmacista di uno - chioma fluente e barba alla nazarena, non un pelo fuori posto - gli ha preparato su ordine speciale.

Alla cassa quattro ragazzi di 22 anni conversano animatamente in inglese mentre uno paga il conto con una Visa Oro.

Arriva il tuo turno e per il privilegio di avere bevuto un caffè e un tè, lasci un tributo di 12 euro e mezzo al dio dell'apparenza. Cominci a capire il perché della Visa Oro...

Poi finalmente sei libero di uscire e di tornare - di corsa - verso il mondo reale.

VT

giovedì, novembre 09, 2006

Anniversari

Oggi è il mio anniversario di matrimonio e questo post è per mia moglie.

Ti amo.