Vecchio Trombone

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mercoledì, agosto 02, 2006

Chi sceglie i nomi dei prodotti IKEA?

Ok, liberiamoci subito dall'incombenza della premessa: parto dal presupposto che il solo fatto di essere cittadini residenti di un paese occidentale implichi il possesso di uno o più oggetti dell'IKEA.

Sul geniale modello di business sviluppato da Ingvar Kamprad si sono versati fiumi di inchiostro e ormai si è detto tutto e il contrario di tutto, quindi sorvoliamo.

Dita spellate, chiavi a brugola che si distruggono e disastrosi crolli di armadi che si reggono su una singola vite sono stati ampiamente sviscerati; nulla di originale può essere aggiunto all'argomento.

Invece, amerei che qualcuno mi aiutasse a capire il criterio con cui il marketing di questo colosso del mobile aleatorio sceglie i *nomi* dei prodotti che ci ammannisce.

Il catalogo IKEA, che si stima raggiunga 130 milioni di persone (*cento-trenta-milioni*! - tira più della Bibbia...) è tutto un florilegio di:


  • Klippan,
  • Rugga,
  • Billy,
  • Dofta,
  • Lycksele,
  • Onska,
  • Makta,
  • Dekad,
  • Smycka,
  • Minkya...

Questo risultato è frutto di una ricerca del tutto casuale, compiuta nel giro di 20 secondi, ma già vediamo affiorare un pattern.

Tanto per cominciare, un prodotto IKEA non viene neanche messo sul tecnigrafo di progettazione se non contiene almeno una doppia consonante, meglio se dentale o gutturale, e i prodotti di maggior prestigio devono contenere almeno tre K o una Ø, barrata come la 54 quando termina il servizio in Largo Brasilia.

Le vocali sono mantenute al minimo indispensabile, giusto quelle che permettono di evitare l'essicazione immediata delle fauci.

Quando ci sono, peraltro, dette vocali sono invariabilmente impreziosite da dieresi, cediglie, pallini e barrette. Che come minimo una sequenza di Å, Ä, Ë, Ï, Ö, Ø, Ü si pronuncia: "noghese, patarimannu, strumbuttu, accattarru, agarrassu, cadrega, FRANCO", come nello sketch dei sardi di Aldo, Giovanni e Giacomo.

Quanto ai prodotti in sé, quale genitore snaturato farebbe mai dormire il proprio figlio in un lettino Kritter? Come minimo l'infante si deve aspettare una visita di qualche mostro alla Freddie Krueger...

E la sedia PS Surrig non è forse un invito all'incontinenza?

Certo, rimirare la nostra figura in uno specchio Fräck ci dona una certa eleganza ancor prima di esserci rasati, così saremo nello spirito giusto per andare in ufficio, dove accomoderemo le terga su una sedia Kläppe; e dove altro...?

Ora, però, quello che mi preme davvero di capire, è quale senso dell'umorismo possa avere questo team di simpatici scandinavi.

Ci sono 6 milioni di svedesi al mondo e 130 milioni di clienti IKEA; non farebbero prima loro a cercare di adeguarsi a noi, piuttosto che costringerci a pagare un logopedista?

Ma soprattutto, ci stanno solo prendendo in giro o è in atto un surrettizio tentativo di convertire tutti alla lingua svedese?

VT